Non riesco a capire i motivi di tutta questa aggressività, di tutta questa competizione.
Mi sembra perennemente di vivere in un'opera di Samuel Beckett.
Frequento una scuola di giornalismo, come tante altre persone in questo mondo.
Il problema nasce dal fatto che io non mi accanisco contro i miei altri colleghi, non impazzisco se qualcuno scrive un pezzo che vorrei scrivere io, se firma un pezzo in prima pagina sul nostro giornalino, oppure sulla home page del nostro sito internet.
Non ho ancora la folle presunzione che la nostra timida redazioncina sia il New York Times e che io stia lottando per vincere il Pulitzer.
Però c'è gente che lotta strenuamente contro i mulini a vento, che tenta di prevaricare per dimostrare che è fatto per questo mestiere, che sa scrivere meglio degli altri, che è paradossalmente migliore degli altri.
Come se avessimo dei lettori reali.
Come se fossimo veramente qualcuno.
Uno dei miei compagni, nonchè mio amico, Ciccio, sostiene che questo comportamento abbia origine nella frustrazione di persone che si vedono pubblicate esclusivamente sulle tristi paginette della nostra rivistina, che vedono come sfogo di una vita che non da loro visibilità.
Anche se prima mi ostinavo di dire che no, non era così, che ci dobbiamo voler bene e tutte queste menate da telefilm americano, mi sono resa conto tristemente che è così.
Ma sono stata ancora più triste, quando mi sono resa conto che queste persone non faranno mai realmente carriera e si porteranno la frustrazione di voler essere qualcuno nella tomba.
Mi sembra perennemente di vivere in un'opera di Samuel Beckett.
Frequento una scuola di giornalismo, come tante altre persone in questo mondo.
Il problema nasce dal fatto che io non mi accanisco contro i miei altri colleghi, non impazzisco se qualcuno scrive un pezzo che vorrei scrivere io, se firma un pezzo in prima pagina sul nostro giornalino, oppure sulla home page del nostro sito internet.
Non ho ancora la folle presunzione che la nostra timida redazioncina sia il New York Times e che io stia lottando per vincere il Pulitzer.
Però c'è gente che lotta strenuamente contro i mulini a vento, che tenta di prevaricare per dimostrare che è fatto per questo mestiere, che sa scrivere meglio degli altri, che è paradossalmente migliore degli altri.
Come se avessimo dei lettori reali.
Come se fossimo veramente qualcuno.
Uno dei miei compagni, nonchè mio amico, Ciccio, sostiene che questo comportamento abbia origine nella frustrazione di persone che si vedono pubblicate esclusivamente sulle tristi paginette della nostra rivistina, che vedono come sfogo di una vita che non da loro visibilità.
Anche se prima mi ostinavo di dire che no, non era così, che ci dobbiamo voler bene e tutte queste menate da telefilm americano, mi sono resa conto tristemente che è così.
Ma sono stata ancora più triste, quando mi sono resa conto che queste persone non faranno mai realmente carriera e si porteranno la frustrazione di voler essere qualcuno nella tomba.

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